Cos’è il filtro antiparticolato? Il filtro antiparticolato (spesso indicato con le sigle DPF o FAP) è un dispositivo di post-trattamento dei gas di scarico presente su tutte le vetture diesel Euro 4 e successive. La sua funzione − come suggerisce il nome − è quella di ridurre le emissioni di particolato, ovvero di tutti quei residui microscopici derivati dalla combustione del gasolio comunemente noti come PM10 (si tratta di sostanze volatili altamente inquinanti, composte, appunto, da particelle di dimensioni pari o inferiori a 10 micrometri). Come tutti i filtri, tuttavia, anche DPF e FAP possono raggiungere un livello di saturazione tale da compromettere l’efficienza del motore: per questo è importante conoscerne il funzionamento e curarne la manutenzione periodica. È importante sapere cos’è il filtro antiparticolato perché può aiutare a capire se [acquistare un’auto diesel conviene ancora].
Come funziona il filtro antiparticolato?
Come avrete già intuito, il DPF (così come il FAP) non è altro che un filtro metallico installato a valle dei collettori di scarico in tutti i moderni motori diesel. Al suo interno è presente un elemento filtrante in carburo di silicio dotato di canali e celle alveolari, che hanno il compito di trattenere il particolato. Per assolvere a tale compito, la maggior parte degli antiparticolato utilizza uno speciale additivo a base di cerina − una sostanza che favorisce l’aggregazione del PM10 in agglomerati più grandi e facilmente filtrabili. La quantità di cerina necessaria per questo processo viene prelevata da un serbatoio esterno di 5 litri, che di norma garantisce un’autonomia media di circa 70.000/80.000 Km.
Nonostante ciò, il filtro antiparticolato tende a saturarsi ben prima di tale “traguardo” − solitamente ogni 10-15 ore di funzionamento, che equivalgono a circa 300-1000 Km (a seconda della vettura e dei percorsi effettuati). Per questo, ogni filtro è dotato di un sistema di pulizia automatizzato che elimina il PM10 eseguendo un’ulteriore combustione, grazie all’aiuto di post-iniezioni di gasolio. Tale processo, noto come rigenerazione, avviene grazie a un iniettore ausiliario che introduce il gasolio direttamente all’interno del filtro antiparticolato. Quest’ultimo raggiunge, così, una temperatura superiore ai 400 °C − sufficiente a trasformare il PM10 in particelle più piccole e meno inquinanti (PM2.5) che vengono espulse insieme agli altri gas di scarico. Le temperature di rigenerazione costituiscono anche la più importante differenza fra le due tipologie di filtro antiparticolato attualmente in uso.
Principali differenze tra FAP e DPF
Sebbene vengano spesso utilizzati come sinonimi, i due acronimi con cui comunemente si indica il filtro antiparticolato rappresentano, in realtà, due distinte versioni di questo dispositivo. Per la precisione, il DPF (Diesel Particulate Filter) identifica una tipologia di filtro standard comune alla maggior parte delle automobili, mentre il FAP (dal francese Filtre à Particules) è una prerogativa esclusiva delle vetture del gruppo Peugeot-Citroen. La nota casa d’oltralpe ha infatti realizzato un filtro antiparticolato in grado di funzionare senza l’ausilio di additivi coadiuvanti, a temperature comprese fra i 600 e i 650°C. Di contro, il DPF segue una filosofia diametralmente opposta, fondata sull’utilizzo di un additivo a base di cerina capace di abbassare la temperatura di rigenerazione fino a 400°C.
Il FAP del gruppo Peugeot-Citroen presenta il vantaggio di generare una minore contropressione dei gas di scarico − caratteristica, questa, che contribuisce a ridurre la consueta perdita di potenza del motore causata dal filtro antiparticolato. L’assenza di additivi permette inoltre di prolungare gli intervalli di manutenzione; tuttavia, a causa delle temperature d’esercizio più elevate, il FAP ha un’aspettativa di vita mediamente inferiore rispetto a quella della controparte. D’altro canto, il DPF − grazie alla cerina − è in grado di effettuare la stessa operazione a temperature notevolmente più basse, che garantiscono una maggior durata dei componenti filtranti. Il rovescio della medaglia, in questo caso, è rappresentato da un impatto leggermente più incisivo sulle prestazioni e dalla necessità di ricorrere al rabbocco periodico dell’additivo.
Filtro antiparticolato: manutenzione e pulizia
Sia il DPF che il FAP integrano un sistema di controllo elettronico che monitora il funzionamento del filtro evidenziando possibili guasti o anomalie. Ciò si verifica soprattutto sui veicoli che praticano prevalentemente percorsi urbani e tragitti brevi − durante i quali il filtro non ha la possibilità di raggiungere la temperatura necessaria a completare la rigenerazione. In tali casi, l’antiparticolato può intasarsi e provocare singhiozzamenti, vistose perdite di potenza e l’accensione di una spia di segnalazione o di avaria sul cruscotto. Per prevenire l’intasamento e la rottura precoce del filtro antiparticolato, dovrete dunque ricordare di circolare fino al termine di ogni ciclo di rigenerazione e di rispettare gli intervalli di manutenzione previsti dal costruttore.
Qualora vogliate risparmiare la spesa di un professionista e cimentarvi personalmente nelle operazioni di pulitura del filtro, potrete acquistare un classico kit di pulizia per FAP e DPF, composto da un detergente e da un additivo per il risciacquo. Utilizzarlo è semplicissimo; ecco, di seguito, i passaggi da seguire:
1) collegate la cannula in dotazione alla bomboletta A (detergente)
2) a motore spento e freddo, spruzzate il contenuto all’interno del filtro antiparticolato attraverso il manicotto d’ingresso
3) lasciate agire il prodotto per qualche minuto
4) ripetete la stessa operazione con la bomboletta B (risciacquo)
5) infine, effettuate un giro con la vostra auto per favorire l’eliminazione di eventuali residui
Per la ricarica dell’additivo, invece, è sempre necessario rivolgersi a un meccanico in grado di provvedere al corretto riempimento del serbatoio del DPF.
Quanto costa pulire o sostituire un filtro antiparticolato?
Le spese per la manutenzione del filtro antiparticolato variano a seconda della sua tipologia e della necessità, o meno, di ricaricare il serbatoio dell’additivo. In linea di massima, il costo della pulizia del DPF va dalle poche decine di euro di un kit fai-da-te fino ai 400-500 euro di una pulizia professionale (comprensiva di ricarica) effettuata presso l’officina di una concessionaria. La sostituzione del filtro comporta invece esborsi più onerosi, che possono oscillare da 500 a oltre 5000 euro, in ragione della vettura, del tipo di ricambio (originale o aftermarket) e del costo della manodopera.